Il mio viaggio in Olanda ha inizio con l’atterraggio nel vicino Belgio, aeroporto di Charleroi. Ad
accogliermi, appena messo piede sulle scalette porte per uscire dall’aereo, una
brezza mattutina decisamente gelida, piacevole come una scheggia conficcata nel
costato! Poco male, d’altronde mi aspettavano 2 ore e mezza di traversata con
il treno, che dalla stazione di Charleroi mi avrebbe portato a Maastricht, via
Liegi; mentre prendevo queste informazioni logistiche nei vari siti dedicati,
in molti raccomandavano di non perdere l’esperienza di attraversare la zona in
treno, in quanto il panorama che si poteva osservare dal finestrino valeva il
prezzo del biglietto (tra l’altro alquanto caro, 18euro).
In realtà, l’impatto con il Belgio è stato molto diverso da come lo immaginavo; certo spesso sono le aspettative a fregarci, ma in questo caso il trovarmi davanti città a stampo tipicamente industriale, o meglio, post-rivoluzione industriale con la relativa aria ottocentesca che aleggiava su di esse, simboleggiate da grandi capannoni con il nome dell’impresario stampato a caratteri cubitali lungo una facciata, era tipico di un settore secondario ormai in disuso. Case a mattoncini marroni, viuzze strette, stazione fatiscente e freddo polare, l’impatto con Charleroi non è stato dei migliori; ma ciò che conta maggiormente è l’impressione di una città che non è riuscita a riprendersi e soprattutto allo stare a passo con i tempi dopo la sbornia industriale di fine ‘800.

Claudio Tuteri - All Interview
Leggi anche il seguito del racconto qui.
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